Antonella Giannone
Antonella Giannone nasce a Modica nel 1990, frequenta prima il Liceo Artistico T.Campailla di Modica e successivamente l’Accademia di Belle Arti di Catania, conseguendo nel 2013 il Diploma Accademico di I livello in pittura e la Specialistica sempre in pittura nel 2016.
L’espressione pittorica dei suoi lavori è frutto di un’attenta introspezione psicologica dei sentimenti, sviluppando una tematica progettuale in divenire.
Nelle sue opere il concetto fondamentale è il contatto con le superfici che diventa generatore di memoria: una sorta di lettura tattile riprodotta attraverso una tecnica personale che le permette la creazione di rilievi e incisioni, trasfigurando e smaterializzando l’immagine, facendo apparire e scomparire immagini di oggetti e di forme note sin dalla nostra infanzia.
Altro ambito di interesse ed applicativo è la didattica dell’Arte, utilizzata per la sua valenza educativo e sociale, nella conduzione di laboratori artistici attivati sia nelle scuole che al Dipartimento di Salute Mentale.
Negli ultimi anni ha insegnato presso l’Accademia di Belle Arti “Mediterranea” di Ragusa.
Sono opere che non fermano l’istante, non lo rendono in narrazioni statiche, precise, permanenti, s’esprimono piuttosto come in una sequenza temporale dinamica. La natura corruttibile delle cose, infatti, ritiene in sé le orme del tempo che si stratificano diacronicamente: così, la traccia più recente non cancella le precedenti, talvolta le opacizza soltanto, sempre e solo per un periodo effimero, salvo poi esaltarle in qualsiasi altro momento, in una qualsiasi altra rilettura. Lo stesso tempo gioca con le cose degli uomini e, graffiando via gli strati superiori deposti al suo passaggio, ne mostra i precedenti nel gioco cromatico della sorpresa che l’opera di Antonella Giannone sa magnificamente disvelare.
La ricerca di Antonella Giannone pare prodursi dentro un percorso inesausto di esplorazione introspettiva, non smette mai di ripartire da qualcosa che, profittando di contributi esatti di memorie precise, di esperienze, si riappropria e ritiene i suoi colori. In questo è assai evidente come l’artista si sottragga agli stereotipi d’immaginari collettivi i cui sguardi distratti hanno reso la memoria in stinti grigi fastidiosi. Pure non partecipa ai formalismi consueti che in forma di presunte operazioni artistiche si fanno folklore. Al contrario crea l’effetto sublime e collaterale della messa a fuoco d’un Io che è fatto di memorie irrinunciabili, invisibili per chi è vittima inconsapevole del gioco d’inganno del tempo, per chi ha scelto la disillusione dell’accelerarsi quale pratica quotidiana, per chi si limita alla loro versione prêt-à-porter. Le atmosfere trasognate e soffuse sono richiamo a più attente esplorazioni, a ricerca mai esausta d’un cammino in cui il tempo interiore pare esprimersi in modo obliquo, non consueto, si fa cornice precisa di tutto e dell’esatto suo contrario, l’apparente nulla delle nebbie, dentro cui v’è l’esplosione d’ogni colore conosciuto.