Altre storie di donne
(Allonsanfàn parte sedicesima:
Unica e Pamela Vindigni)
di Giovanni Carbone
Settembre 2022
Unica e Pamela Vindigni, in mostra dal 24 settembre allo spazio L’Altelier di Modica Alta, paiono artiste diverse, hanno storie e linguaggi differenti, biografie ed origini lontane, eppure, attraverso le loro opere, concepiscono un dialogo di convergenze, sorprendentemente affine.
Usano la materia in modo personale, riconoscibilissimo, la plasmano per consentirsi una profonda esplorazione d’un universo di genere – quello femminile – ce lo rendono, entrambe, in una prospettiva liberata. Partono, dunque, da sponde antipodiche, approdano insieme, al di là delle costrizioni dell’apparire, del metodo, compiono lo stesso viaggio di ri-scoperta.
Unica and Pamela Vindigni, on display from 24 September at the L’Altelier in Modica Alta, they seem different artists, have different stories and languages, biographies and distant origins, yet, through their works, they conceive a dialogue of convergences, surprisingly similar. They use matter in a personal, highly recognizable way, shape it to allow a profound exploration of a gender universe – the female one – both make it in a freed perspective. They start, therefore, from antipodic banks, land together, beyond the constraints of appearing, of the method, make the same journey of re-discovery.
Leonie Adler (Unica) è artista contemporanea, nata a Pune, in India, con radici irlandesi, è cresciuta e vive in Svizzera. La sua anagrafica non è, come appare dalle sue realizzazioni, un dato neutro, un timbro su un passaporto, è elemento pregnante della sua formazione artistica. Infatti, le sue forme geometriche esatte, disegni ad ago e filo, esprimono un’attrazione fatale per l’ambiente, lo interpretano quale contenitore di culture, ella stessa è consapevolmente scrigno di diversità che si uniscono ad ogni passaggio d’ordito. Il contrasto cromatico tra le sue forme ne evidenzia il desiderio di riscoperta, induce alla ricerca d’un viaggio intimo nello spazio e nel tempo attraverso traiettorie spiazzanti, un susseguirsi di cambiamenti repentini di direzione, quasi a voler significare la ricerca precisa del dettaglio, il non volersi precludere nulla che le appartiene, che appartiene al tutto d’intorno.
Ma è anche desiderio di fuga da quotidiani standardizzati e labirintici, il rifiuto di direzioni preconfezionate, della banalità prêt-à-porter. Nonostante la scelta del filo, dell’ago, dunque, Unica non rassomiglia affatto alla più celebre delle tessitrici, non è Penelope, i suoi complessi intrecci non sono trame che si sfilacciano, si scuciono, ma memoria di una direzione precisa ancorché mai scontata, flusso di informazioni che non si esaurisce ma che fa d’ogni passaggio condizione essenziale per l’esistenza del successivo. Rassomiglia ad Arianna, invece, i suoi orditi indicano percorsi salvifici di liberazione, includono la possibilità del ritorno. In quel tornare a casa, alle sue radici, come nelle articolazioni più complesse dell’intimo, non v’è mai ricerca appagante di staticità, d’un passato che invecchiato si trasforma in presente, ma la prospettiva d’un nuovo viaggio, di nuove esperienze che, a paradosso di apparenza d’accumulo, lo rendano ogni volta più leggero, più agile.
Pare che Unica si ricerchi, si ritrovi, infine, nelle sue origini, nelle sue infinite discendenze, e su quelle può contare – paesaggi della memoria d’un vissuto – come intensa scarica emozionale per una nuova ripartenza. In buona parte autodidatta, ha tuttavia assorbito perfettamente le prospettive artistiche di Louise Bourgeoise e dell’artista tessile svizzera Lissy Funk. È anche membro dell’associazione artistica GAAL.
Pamela Vindigni, siciliana di Modica (RG), è artista di tecnica raffinata, frutto di studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze e di una vasta attività esperienziale. Ha partecipato a diverse mostre collettive e personali, esplorando, oltre alla pittura ed alla scultura, altri linguaggi espressivi ed esibendosi quale attrice e performer. La sua visione dell’arte è sociale, solidaristica, non prescinde mai dal rapporto dialettico con altre forme del linguaggio e della comunicazione. Questi tratti fondanti la sua pratica l’hanno indotta a fondare, nel 2017, il gruppo “Artisti Associati – Matt’Officina”, impegnato nella riqualificazione dell’ex mattatoio comunale di Modica e divenuto un laboratorio artistico polivalente, un luogo di produzione collettiva e creativa oltre che di accoglienza d’esperienze.
Le sue sculture riscoprono la natura primigenia del corpo, lo denudano delle sovrastrutture, lo spogliano dell’effimero, lasciano che si esprima quale strumento di comunicazione essenziale. Alcuni suoi volti, scarni d’espressione, pare leggano negli accadimenti una sostanziale disumanizzazione. Pamela Vindigni, quando si concentra sulle forme delle donne, le libera da costrizioni, da stereotipi arcaici. Rappresenta la maternità con ironia, sottolineando al contempo una specificità di genere e smantellando la subcultura patriarcale che relega le donne al ruolo esclusivo e subalterno di madre e moglie.
La leggerezza con cui ci rende la gravidanza non è, dunque, solo la rappresentazione prossima del parto quale passaggio funzionale alla procreazione, alla conservazione della specie, cui deve seguire la gabbia totalizzante della cura parentale, ma diviene, anche e soprattutto, metafora di concepimenti, elaborazioni, pratiche creative ed irrinunciabili, di idee, progetti, riscritture sociali e politiche. L’opera di Pamela è, in effetti, “politica”, non nel senso deteriore che oramai s’attribuisce al termine, ma in quello che ne recupera il significato etimologicamente più puro e profondo, dal concetto di Polis, il contenitore per eccellenza del desiderio di partecipazione. È pratica che aderisce ai processi sociali, alle vicende comuni, li legge, intende rideterminarli anche, con consapevolezza d’analisi, abilità d’usare strumenti espressivi plurimi e mai scontati, volontà di esserci con la propria identità di genere, di persona, d’artista.
Leonie Adler (UNICA) is a contemporary artist, born in Pune, India, with Irish roots, grew up and lives in Switzerland. His registry is not, as appears from his creations, a neutral data, a stamp on a passport, he is a meaningful element of his artistic training. In fact, its exact geometric shapes, needle and thread designs, express a fatal attraction for the environment, interpret it as a container of cultures, she herself is consciously a casket of diversity that unites with each passage of warp. The chromatic contrast between its forms highlights its desire for rediscovery, leads to the search for an intimate journey through space and time through surprising trajectories, a succession of sudden changes of direction, as if to mean the precise search for detail, not wanting to preclude anything that belongs to it, which belongs to the whole.
But it is also a desire to escape from standardized and labyrinthine newspapers, the refusal of pre-packaged directions, of prêt-à-porter banality. Despite the choice of the thread, the needle, therefore, the only one does not resemble the most famous of the weavers at all, it is not Penelope, its complex weaves are not weaves that fray, they unstitch, but memory of a precise direction even if never taken for granted, a flow of information that does not end but that makes every passage essential condition for the existence of the next. It resembles Ariadne, however, his warps indicate salvific paths of liberation, include the possibility of returning. In that returning home, at its roots, as in the most complex articulations of the intimate, there is never a fulfilling search for static, a past that aged turns into the present, but the prospect of a new journey, new experiences that, paradoxically, make it more agile.
It seems that unique is sought, finally, in its origins, in its infinite descendants, and on those it can count – landscapes of the memory of a lived experience – as an intense emotional discharge for a new restart. In large part self-taught, however, he perfectly absorbed the artistic prospects of Louise Bourgeoise and the Swiss textile artist Lissy Funk. She is also a member of the Gaal Artistic Association.
Pamela Vindigni, Sicilian from Modica (RG), is an artist of refined technique, the result of studies at the Academy of Fine Arts in Florence and a vast experiential activity. She has participated in several collective and personal exhibitions, exploring, in addition to painting and sculpture, other expressive languages and performing as an actress and performer. His vision of art is social, solidarity, it never ignores the dialectical relationship with other forms of language and communication. These founding traits of her practice led her to found, in 2017, the group “Associated Artists – Matt’Officina”, engaged in the redevelopment of the former municipal slaughterhouse of Modica and which became a multipurpose artistic laboratory, a place of collective and creative production as well as welcoming experiences. His sculptures rediscover the primal nature of the body, they undress superstructures, strip him of the ephemeral, let it be expressed as an essential communication tool. Some of his faces, skinny of expression, seem to read a substantial dehumanization in events.
Pamela Vindigni, when she focuses on the forms of women, frees them from constraints, from archaic stereotypes. It represents motherhood with irony, while underlining a gender specificity and dismantling the patriarchal subculture that relegates women to the exclusive and subordinate role of mother and wife.
The lightness with which it makes us pregnancy is not, therefore, only the close representation of childbirth as a functional passage to procreation, to the conservation of the species, which must be followed by the totalizing cage of parental care, but also and above all becomes a metaphor for conceptions, elaborations, creative and indispensable practices, ideas, projects, social and political rewrites. Pamela’s work is, in effect, “political”, not in the inferior sense that is now attributed to the term, but in that which recovers its etymologically purest and deepest meaning, from the concept of polis, the container par excellence of the desire to participate. It is a practice that adheres to social processes, to common events, reads them, intends to redefine them also, with awareness of analysis, ability to use multiple expressive tools and never taken for granted, willingness to be there with their own gender identity, as a person, as an artist.