IERATICO -ERETICO
Sergio Poddighe – Angeli Offesi
Raffaello De Vito – Nuovi Martiri
2 Agosto / 2 Settembre 2024
Ieratico Eretico
di Cristina Napolitano
C’è un momento della nostra esistenza in cui, quando non si conosce, si è eterni, indifferenti;
ma la conoscenza presuppone la temporalità della vita e così per l’uomo inizia la differenza.
Il tempo comincia a scorrere e il suo essere infinito diventa irrisorio; questa è la circostanza nella quale la non eterna umanità si avvia alla sua condanna.
I problemi crescono e noi osserviamo, stanti e quieti, di fronte a genocidi, guerre e atrocità che si palesano ogni giorno, in ogni istante della nostra caduca realtà.
Noi affliggiamo ed essi ci affliggono.
Diventa necessario, quasi obbligatorio, imparare a guardare: “Uno sguardo può essere un atto di empatia o di aggressione. Può provocare desiderio o esprimerlo…guardare fa di noi ciò che siamo (M. Cousins)”; e aggiungerei, guardare ci permette di ragionare!
Avere contezza di ciò che accade intorno a noi ci permette di scovare un tramite attraverso cui esprimere i nostri pensieri; per Raffaello De Vito e Sergio Poddighe quel tramite diventa “Eretico-Ieratico”.
È così che De Vito, tenendo tra le mani il santino di San Gerardo Majella Redentore, riconosce la potenza che una sola immagine può raccontare. Che sia essa tenuta tra le mani sotto forma di santino, nascosta dentro al taschino della giacca o incorniciata in un quadro adagiato su una parete, un’immagine può diventare scenario di infinite storie, attraverso la trasfigurazione di quelle azioni nefaste che invadono la nostra quotidianità. Quello di De Vito diventa un agire eretico nei confronti di chi involontariamente è divenuto martire; martire perché donna, perché migrante, perché diverso. Nei Nuovi Martiri l’artista vede riflessa la stessa potenza espressiva e lo stesso valore simbolico che l’immagine di San Gerardo gli ha trasmesso.
I martiri che egli rappresenta sono vittime, della lotta alle disuguaglianze, della lotta per la libertà di espressione, della schiavitù; sono il motivo per la quale essi divengono protagonisti dei suoi lavori, perché “oggi quello che non vedi non esiste”.
Allo stesso tempo, i mali che tangono l’umanità si insediano anche nell’anima dal momento in cui viviamo. Nelle opere di Poddighe l’essere umano è percepito come puro, angelico; un essere che, come la stessa storia narra, è privo di ogni qualsivoglia peccato (almeno fino alla vita terrena).
Difatti, esistere porta all’ineludibile trasfigurazione della materia umana. Il corpo, un tempo angelico, diventa oggetto di mutilazioni e involucro di un vuoto metaforico che incarna un’anima oramai impura. È presente la necessità di voler rappresentare il dualismo benevolenza-empietà che vige all’apice della nostra conoscenza ed è dal dubbio e dalla sofferenza posti in esame che scopriamo il nostro essere Angeli offesi. Sono raffigurazioni surrealiste, quelle di Poddighe, che sfoggiano al contempo una ieratica compostezza e un dolore fisico struggente che è percepito solamente da chi ha occhi per osservare.
Dinanzi alle opere proposte, dunque, si avrà la percezione di essere coinvolti all’interno di un mondo inteso nella sua visione simbolica, terrena e chiaramente non utopica. Si avrà la possibilità di osservare moltitudini di ingiustizie e sofferenze poste vicendevolmente al centro delle rappresentazioni artistiche di De Vito e Poddighe: lampanti saranno i pensieri che scaturiranno in ogni attento scrutatore.
E dinanzi agli interrogativi che verranno, le opere non saranno altro che punto di partenza per riflessioni che forse non riceveranno mai concretezza.
Mi (vi) chiedo: quanto ancora potremmo essere ciechi di fronte l’evidenza?